La “Falesia Dimenticata”: La chiave del successo

Alberto Benchimol, presidente della Fondazione Sportfund, spiega perché questo sito per l’arrampicata sportiva, un bene privato a disposizione del pubblico, crei benefici per tutta la comunità, rappresentando un esempio virtuoso di realtà inclusiva e di rete circolare

Alberto Benchimol

Presidente Fondazione Sportfund Onlus
Co-founder Dolomiti Open


La “Falesia dimenticata” di San Lorenzo Dorsino, in Trentino, in pochi anni ha raggiunto una notorietà che forse non si aspettavano gli stessi fondatori: non solo per il numero di accessi (una media annua di oltre 5.000) ma soprattutto perché è diventata una buona pratica che sta facendo scuola, rappresentando un esempio di successo di cosa significhi, attraverso un bene di fatto privato, realizzare un progetto inclusivo e di economia circolare che generi benefici per tutta la comunità.  


Per capire meglio il come e il perché di questo successo ci siamo rivolti ad Alberto Benchimol, esperto del terzo settore e d’inclusività, presidente della Fondazione Sportfund che, insieme all’Associazione Dolomiti Open, ha dato vita al progetto della “Falesia dimenticata”.

Perché è nato il progetto della “Falesia dimenticata”?

«Con questa iniziativa non solo abbiamo voluto riportare in vita un sito dolomitico per l’arrampicata sportiva dalla bellezza straordinaria, immerso in un ambiente naturale per molti aspetti unico, ma abbiamo cercato di dare impulso a una nuova visione più inclusiva e innovativa del territorio e dello sport, in particolare delle attività legate alla montagna».

E come lo avete fatto?

«Attraverso i tre obiettivi che ci siamo posti: innanzitutto realizzare pienamente il principio di sussidiarietà orizzontale con gli enti pubblici per arrivare a un’amministrazione condivisa dei beni comuni».

Ovvero?

«A tutti gli effetti la “Falesia dimenticata” è un bene privato messo a completa disposizione del pubblico con la finalità di realizzare un vero e proprio intervento circolare tra pubblico, privato ed enti del terzo settore, in questo caso l’Associazione Dolomiti Open e la Fondazione Sportfund in qualità di promotori dell’iniziativa. In pratica abbiamo realizzato un intervento di rete circolare, cioè un’innovativa azione a tre, con tre poli, pubblico, privato e terzo settore che non sono in concorrenza tra di loro, ma sinergici. In questo senso, per esempio, un primo impulso economico è venuto dal bando del Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e poi dai Comuni, con i loro contributi e infine dall’Apt Dolomiti Paganella, la prima Azienda per il turismo ad essere diventata una società benefit. 


Secondo questa logica l’obiettivo finale che ci siamo posti e che stiamo perseguendo è di creare un beneficio non solo per i fruitori del sito, ma soprattutto per tutta la comunità coinvolta nel progetto, sia in termini economici, ma anche e soprattutto in termini di benessere per la popolazione locale».

Qualche esempio in tal senso?

«Innanzitutto il basso impatto ambientale dell’iniziativa, poi il recupero del territorio, con il ripristino di un’area di pregio naturalistico e di valore storico per l’arrampicata sportiva che in qualche modo era soggetta ad abbandono; inoltre abbiamo realizzato un’opera di recupero di muri a secco e stimolato con il nostro esempio e attività la cura dei terreni limitrofi al sito. Oltre a questo abbiamo curato la fruizione controllata e più sostenibile delle aree turistiche e sportive.


La Falesia dimenticata ha anche centrato l’obiettivo di creare un volano economico: i 5.000 passaggi annui non portano un indotto economico diretto alla falesia perché non c’è nessun biglietto d’ingresso da pagare, ma creano benefici al territorio, come la nascita di un’attività turistica di un bed & breakfast (Torcel) ad opera di giovani del luogo che rappresenta un esempio concreto di creazione di valore economico».

E il secondo obiettivo del progetto?

«Dare concreta attuazione alla convenzione Onu sui diritti alle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009 con la Legge n. 18 che stabilisce, all’articolo 30, l’impegno degli Stati a varare misure adeguate affinché le persone con disabilità possano partecipare su base di uguaglianza alle attività sportive e al turismo. Fin da subito abbiamo quindi operato in un’ottica d’inclusività, sia nella chiodatura delle varie vie di arrampicata, ma soprattutto per le modalità di accoglienza e di fruizione del sito, con la creazione di un ambiente inclusivo dove le guide alpine e le persone che lavorano nella falesia siano dei facilitatori per persone con disabilità. In questo senso la “Falesia dimenticata” ha goduto anche del finanziamento del Dipartimento delle Pari opportunità del Consiglio dei Ministri, in virtù di un bando a valere proprio sullo sport e la possibilità di pari diritti di uguaglianza. 


Grazie al lavoro collaterale svolto dalla Fondazione Sportfund e dall’associazione Dolomiti Open sempre più spesso persone con disabilità frequentano la falesia e questo senza la creazione di percorsi ad hoc, ma rendendo possibile a chiunque, in base alle proprie capacità e le proprie aspirazioni di accedere al sito di arrampicata».

E veniamo adesso al terzo obiettivo: qual è?

«Per quanto riguarda il terzo obiettivo siamo impegnati nell’adesione e al perseguimento degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 di sviluppo sostenibile. La sostenibilità, come sappiamo, è un concetto molto ampio, spesso, purtroppo, molto abusato: l’impatto zero delle attività umane infatti non esiste, ma noi aderiamo e diamo il nostro piccolo contributo agli obiettivi stabiliti dall’Onu».

In particolare a quali obiettivi?

«Nello specifico all’obiettivo 3 “Salute e benessere”; al goal 7 “Energia pulita e accessibile”, incentivando sempre, e il più possibile, l’utilizzo delle auto elettriche anche con l’esempio diretto. E poi al goal 11 “Città e comunità sostenibili”, per noi molto importante, che stabilisce, tra gli altri, l’obiettivo di fornire alle comunità degli spazi verdi pubblici, sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per le donne, i bambini, gli anziani e le persone con disabilità, un tema, questo, che rappresenta uno dei nostri punti di forza per sviluppare insieme comunità sempre più sostenibili. Ma contribuiamo pure al goal 12 “Consumo e produzione responsabile” e poi, se vogliamo, anche all’obiettivo 13 “Lotta contro il cambiamento climatico”. 


Noi diamo, evidentemente, un piccolo contributo, però è molto importante idealmente immaginarci come una realtà inserita nella direzione dell’Agenda 2030, per dare un apporto a un movimento molto più grande che ha l’ambizione di cercare di cambiare un sistema e di incentivare le politiche in favore del pianeta e della sopravvivenza della nostra stessa specie».

Dolomiti Open